Acqua azzurra
Ferragosto.
Non c’è in giro nessuno.
Oddio, proprio nessuno, no, con
questa crisi.
S’incontrano visi noti, in treno.
Ci si muove per diporto magari in
zona. Si sfrutta la bellezza dei luoghi che si conoscono. Ansa del fiume non
lontano da casa, dove ancora si possa fare il bagno. Villaggio di tre casupole
ma con il ristorantino tipico. Spiaggia di mare nei dintorni, sabbia solita.
Bosco in collina con radura. Vallata per il picnic. Ci si muove in direzione di
una gelateria, una pizzeria, basta poco. Ci si accontenta.
Per l’occasione ho scelto il
lago.
Soleggiato, fresco, azzurro.
Vedere le sponde dall’altra parte
è rassicurante e scorgere l’isola e la rocca, una sorta di sogno possibile. Il
fascino della fiaba. Chi vivrà in quella rocca sulla roccia? Molto verde,
d’intorno.
Basta un po’ di foschia tuttavia
e il verde si confonde con l’azzurro e ti senti miope, tutta questa certezza (
lago, sponde, confini, rive) non c’è più. Il lago sembra latte, la rocca uno
spuntone sospeso nel nulla.
Oggi è una bella giornata tersa.
C’era un sole tale da rendere il
fiorito lido lacustre una pacchia. Un mare bonsai, per amatori ma con un vago
sentore di montagna.
Tutto dipinto di oleandri.
Il treno tocca ogni più piccolo
borgo e i viaggiatori sono pochi. La maggioranza preferisce l’automobile.
Qualcuno la corriera. Molti vanno su e giù per il lago in battello. Sul treno,
in pratica, con borsa e zaino, ci sono soltanto io. Bene, mi godo il panorama
dal finestrino, mi leggo un libro. Mi gusto la lentezza delle tante fermate.
Sale una ragazza in shorts e
scarpette allacciate. Ha una canotta, uno zainetto nero. Porta una lunga
treccia nera di lato. Mi si siede di fronte. E’ alta, di coscia molto lunga, un
viso ovale, non bellissimo ma regolare, dai contorni puri. Vacanziera del lido,
anche lei.
Ha la treccia bagnata.
Con i capelli così lunghi, il
tempo di lasciarli asciugare non basta mai.
Anche con il sole di oggi. Duro.
Treccia bagnata, ma devo dire
anche le scarpe, ha infangato un bel po’, salendo. I calzoncini sono zuppi.
Cola l’acqua sul sedile dove ha posato lo zainetto nero.
Cara ragazza, sei esagerata,
penso. Questa è mancanza di riguardo.
La canotta ha netto il segno del
sudore. Tanto sudore.
Il viso è asciutto, anche le
braccia. Si sono asciugate qui, alla brezza tiepida dei finestrini.
Mi guardi, sorridi. Hai le
occhiaie e un colorito olivastro che mi fa pensare che quell’abbronzatura che
sfoggi sia di lampada, perché non hai affatto una bella cera.
Metti una mano nello zaino, tiri
fuori una bustina portadocumenti. Sì, bella mia, ma stai attenta. Dallo zaino
saranno usciti due litri d’acqua! Sorridi, ti scusi, m’allunghi la busta.
“ Sono Lara Bottino, sono
annegata oggi. Domani si parlerà di me. Porti questo a mia madre, Varallo
Pombia. Fulvio mi ha spinta. Non è stato un incidente. Un litigio. E’ manesco,
Fulvio. Eravamo sul sasun, noi due soli. Una cupola di roccia, nulla di più. Ci
siamo saliti. Mi ha spinta di sotto. E’ geloso del Giacomo, ma l’ho soltanto
baciato. Lo dica a mia madre: soltanto baciato”.
Mentre mi parli, giù acqua dalla
bocca.
Mi riversi addosso tanta di
quell’acqua che mi difendo con le mani.
Il treno ha uno scossone.
Sono sveglia.
Asciutta.
Il treno culla, sul treno si
dorme volentieri. Peccato questa busta di pelle bagnata, in mano.
bella narrazione
RispondiEliminasommessa all'inizio, colorata, realistica,
e poi la sosprendente, misteriosa chiusa.
piaciuto molto.
e poi, la sorprendente misteriosa chiusa.Game over, è la vita.
RispondiEliminaGrazie, Cristina!
Notare: l'ho scritto nella notte, dopo due sigarette nella frescura del balcone e una mezza giornata di mare.Quando l'ho riletto, mi faceva paura anche la foto.Poi mi son detta: l'hai scritto tu, cretina!
RispondiEliminache la duplicità ci sia sempre mistero.
RispondiEliminachissà che i mondi paralleli...
mah!
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