martedì 15 gennaio 2013

Quand'eravamo Cinesi.

Si fa un bel  dire che i Cinesi lavorano e basta e in condizioni pessime e mal pagati. E li si addita: comunisti che privano del'individualità! Capitalisti senza scrupoli! Un po' di confusione, soprattutto ignorando che il benessere in Italia è stato costruito nello stesso identico modo. Si può capire anche perché se ne sia andato. Prima di tutto si devono mettere in parallelo risorse e forza lavoro. Dove ce ne sono poche, la seconda dev'essere pronta e a basso costo.Poche balle, ce tocca.
Se ci fosse, mio padre oggi taglierebbe il traguardo dei 90 anni, ma non c'è più.
Vi dimostro che mio padre ( e non solo lui) era un Cinese.
Andò a lavorare, come molti alla sua età, a 12 anni, alla fine delle scuole elementari, anche se completò l'avviamento al lavoro alle serali.Faceva il garzone.Non gli piaceva il lavoro che era stato scelto in orfanotrofio per lui ( il padre era al confino ad Ustica, la madre con il figlio di primo letto a Milano), si diede da fare per cambiarlo e  poter fare ciò che piaceva a lui, l'elettrotecnico.Non senza difficoltà.Ci riuscì. Imparò il mestiere, si mise in proprio con una borsa di ferri e un'officina che era un bugigattolo, ma in un rione in cui lo conoscevano tutti.Si diplomò poi a 50 anni, ma ne sapeva quanto un ingegnere, tant'è che alla Magneti Marelli di Milano, dove lavorò un po' da pendolare,era tenuto in considerazione come tale. Era intelligente, volenteroso, eclettico, insofferente alla disciplina,adatto soltanto al lavoro autonomo.
La prima officina era in un cortile.
La seconda anche.La prima una sorta di capanno per gli attrezzi, la seconda un garage.
La terza  un retrobottega.
Ci lavoravano lui, un paio d'operai, due garzoni, una segretaria/commessa nel negozio di materiale elettrico, un rappresentante dei "prodotti fatti a mano" che vi si producevano. Motori, all'inizio. Fatti e verniciati a mano. Il carcinoide ai polmoni fu frutto più della vernice respirata che delle sigarette fumate pur numerose per sopportare una vita durissima.Una media di 12 ore di lavoro. Qualche levataccia, quando i macchinari alla Prodotti Tartarici si fermavano, allora lo cercavano anche in piena notte, gridando in mezzo alla strada, non c'era citofono e il piano alto non permetteva di tirare sassi contro alle persiane.
Lavorano con scarsa sicurezza.
Un collega di mio padre rimase secco, fulminato, aveva un'officina come la sua, cento metri più in là. Verso la metà degli Anni Sessanta, mia madre fu reclutata come commessa, non sapeva nulla di materiale elettrico, aveva fatto la sarta da uomo 22 anni e la casalinga otto.
Pagava poco e male, ma sempre e i padri arrivavano con i figli quattordicenni per mano: La prego,Aldo, gli insegni un mestiere o mi va per strada.Gli davano del tu soltanto se molto in confidenza.
Erano tutti Cinesi: mio padre, mia madre, i dipendenti.Per un po' di tempo fu a libro paga anche mio nonno paterno, registrato come fattorino, per fargli raggiungere la pensione.Mi fece commuovere, questo particolare,quando lo scoprii.Al giorno d'oggi dai genitori si pretende e basta.
Si viveva in affitto anche noi. Fino ai miei 14 anni,era il 1969, in due stanze, anche da padroni.
Nessuna spesa era superflua, anche se andavamo in vacanza, beati noi.Fino all'inizio degli Anni Settanta.
Poi qualcosa cambiò.
Il Paese cominciò a vantarsi di una ricchezza che non c'era.
I dipendenti pretendevano paghe alte e contributi ancor più elevati,anche se di microaziende.
Le fabbriche esigevano tangenti per poter lavorare, oltre al materiale e pagavano quando volevano.E qualcuno fuggiva con la cassa o chiudeva baracca e burattini, trascinando tutti nel baratro.
L'ambizione cresceva e bisognava avere la casa, l'automobile sempre nuova e ogni genere di lusso. La vacanza doveva essere costosa, prestigiosa.Tutti i figli dovevano avere un diploma prima, una laurea poi e ognuno un lavoro ben remunerato e di rango.
 Non si poteva che deflagrare.
In alcuni decenni, noi Italiani, ci siamo mangiati tutto quello che avevamo messo da parte da Cinesi.
Quando mio padre morì, un suo exdipendente lo chiamò Maestro, di bottega e di vita.
Ma resta un Maestro Cinese.





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