domenica 5 febbraio 2012

Critica barocca

Di tanto in tanto mi piace cucinare.Se fossi costretta ogni giorno, come la maggioranza delle donne, amerei farlo soltanto se casalinga, anche se oramai, tra freezer e microonde è più facile rimettere a punto un cibo già pronto di un tempo, in cui tutto doveva essere fresco per essere accettabile dal punto di vista organolettico. Mi soffermo, di tanto in tanto, a guardare trasmissioni di cucina, così che son capitata su la 7D dove critici valutano la cucina di un vip o di semplici concorrenti. Ebbene, lo fanno in modo assolutamente insopportabile, con aria contratta e schifata. Invitati a una cena, si sono comportati in modo ben diverso da normali clienti, ad esempio, che hanno addotto a eventuali critiche delle motivazioni plausibili. I critici erano alla ricerca del pelo nell'uovo.Vagheggiavano ingredienti  pregiati in quanto introvabili o sconosciuti ai più, indugiavano in modo eccessivo sulla presentazione, avevano qualcosa da dire persino sulla tradizione, sugli accostamenti tra antipasti/primi e secondi. Dove invece i concorrenti si sfidavano, mi pareva già penosa di per sé la ricerca ossessiva della novità come dell'effetto estetico. 
Sono barocchismi.
Sono atteggiamenti che sono uno sputo in faccia al buon senso e anche alla gioia che può dare il momento del pasto. Tra l'assunzione di cibo fine  a se stessa , che potremmo dire nutrizione e un'arte culinaria in croce, c'è l'amore che si mette in ciò che si cucina, c'è la personalità, c'è il cuore e la mente di chi si propone anche attraverso i suoi piatti. 
Tutti ricordiamo la cucina di nonna o di mamma, quel piatto che mangiavi soltanto da zia, la ricetta del papà.
Io personalmente non riesco a distinguere mamma da ciò che cucinava.
I suoi piatti, di tradizione piemontese/ligure, erano sempre i soliti: agnolotti,brasato al barbera, pollo alla cacciatora, polenta e merluzzo, cima ripiena, verdure ripiene al forno, pastasciutte gustose, peperonate rosse o in bagna cauda, verza alle acciughine...
Qualche volta variava ma erano divagazioni su un percorso solito, conosciuto.Mio padre preferiva ritrovarla, in cucina, solita,  lei. Non si sbizzarriva molto nei dolci perché, alla domenica e di festa, erano il contributo al desco di mio padre: il vassoio di pasticcini rigorosamente acquistati dal un buon pasticciere locale, a volte con la bottiglia di vino da dessert.
Ciò si è ripetuto per una vita.
In casa abbiamo sempre mangiato bene, nonostante le mie crisi esistenziali e /o amorose che esprimevo spesso, da giovane, mangiando poco o niente.
Certi piatti sono morti con lei, ed è giusto, ERANO LEI! 
Posso anche ripeterli,con gli stessi ingredienti, ma le materie prime cambiano, cambia la mano, muta la testa.
Il cibo siamo noi. Noi siamo ciò che cuciniamo...
La nostra affettività, la creatività, la personalità traspare dal cibo che si prepara. Non c'è critica che tenga, uccide la forza che ognuno ai fornelli esprime. 
E' utile che ci siano ricette a cui attingere, che ci si sbizzarrisca a cambiare, anche secondo parametri salutisti e qualitativi...ma ficcare il naso nella cucina altrui è come sedersi davanti al letto  di due che stiano scopando e poi esprimere giudizi sul colore delle lenzuola, la depilazione di lei, il pene di lui, la modalità d'accoppiamento storcendo il naso e suggerendo che cosa fare o non fare.
Che poi, secondo me, è gente che poi va a riempirsi di tonnarelli all'amatriciana o di bigoli al sugo di cavallo appena può, all'osteria più alla mano e mangia senza parlare, persino se la tovaglia è un po' lisa.
Lasciatemi condire il cibo d'amore o incrocio le braccia e non cucino neanche più un uovo al tegamino.

4 commenti:

  1. Per fare un paragone alimentare con il livello culturale di certe trasmissioni televisive si potrebbe dire che... siamo alla frutta! Ormai parlare di niente non è più l'eccezione ma la regola. E noi paghiamo. Bellissimo post che mi ha ricordato mia madre alla quale ora mi rendo conto devo non solo la vita ama anche i miei gusti alimentari. Un abbraccio e buona serata. Pietro Atzeni ovvero il giustiziere.

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  2. mangiare si deve, se si mangia bene è meglio
    e per mangiare bene secondo i propri gusti è meglio cucinare da sé, con quel poco di abilità maturata nell'esercizio
    ciao

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  3. A me piace anche la cucina degli altri.La rispetto, la festeggio.Ne riconosco il valore, il costo, lo sforzo. Non mi abbuffo di solito, ma mangio ciò che posso. Evito soltanto ingredienti che mi facciano male....
    Ciao, Angela!

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  4. Io conquistai un mio fidanzato nonostante un pranzo completamente carbonizzato (sono una pessima cuoca), che è sempre stato rievocato con tenerezza per tutto il corso della nostra relazione (della serie "c'è speranza per tutte"). Comunque, oltre a essere pienamente d'accordo col senso del tuo post, aggiungo che purtroppo questa mania della critica "pulciosa" e standardizzante che tu noti nelle trasmissioni di cucina, è ormai la moda in tv. Non so se conosci il canale Real Time. In quel canale ci sono programmi che giudicano e criticano i concorrenti/partecipanti su tutto: come si vestono, come arredano la casa, come cucinano ecc. Ma se analizzi il linguaggio che gli "esperti" utilizzano e i loro suggerimenti, ti accorgi che propongono (o meglio, impongono) delle ricette magari tecnicamente perfette ma in cui l'espressione della personalità è azzerata. Eppure tutti sappiamo che ciò che ci fa amare/detestare le persone e ciò che di loro ricordiamo anche dopo tanto tempo, sono quei loro tratti caratteristici e unici e magari spesso imperfetti, che li distinguono da tutti gli altri. Come una certa focaccia che faceva mia nonna, che poi ho scoperto molto imperfetta rispetto alla "vera" ricetta. Ma accipicchia se era buona! Perché era una focaccia, ma lì dentro c'era (c'è) tutta mia nonna :-)

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