martedì 20 marzo 2012

Virginicchia, parte III


Lo sguardo dei cani innamorati è come quello degli uomini brutti. Implorante e fiducioso. Con la differenza che il cane ama per sempre, l'uomo brutto sarà fiero di te fino al giorno in cui, avuta te, non sarà tronfio di sé.
Eugenia s'aggira, qui. Sembra tra gli Zulu. E' uno spirito forte, non ha trovato pace. Io avevo già lo spirito perduto, quando chi mi voleva non era più all'altezza del sogno. Ci ricordiamo entrambe, il falso attentato, vero Eugenia? Presso di me, per allontanare me dall'uomo che ha poi tradito entrambe. Incapace di non sapersi specchiare negli occhi delle donne...
Tramai, sì, ma per una Patria che non mi volle. Feci sposare la piccola Clotilde al vecchio Girolamo. Ragion di Stato. Se un sacrificio vi fu, forse fu il solo. Piccola e sola, al cospetto della grande Eugenia, ma più nobile di lei. La santa di Moncalieri, l'anti Contessa. La Savoia altera. Non fece di una camicia da notte il suo vessillo, prese su di sé una croce. Morì terziaria. Entrambe andate in pasto ai Napoleonidi eppure così diverse. Tutt'e due spose bambine,ma se io mi feci icona di stile e di bellezza, lei si fece spazio nel mondo nel nome di Cristo:

Accogliendo con indefettibile fortezza

la croce della sofferenza, 

la tua Serva fedele Maria Clotilde

attraversò le vicende dolorose della sua vita

lasciandosi condurre da una carità sconfinata,

aperta al perdono generoso. 

Per lei Superga, per me l'oblio.
Da eroina e spia per Cavour, il tessitore, a scaltra quanto narcisista cocotte. Io.
Da sposa machiavellica a santa. Tu.
La differenza sta nella percezione del corpo. Per me veicolo d'estetica e seduzione, per te oggetto di azioni, tramite e strumento di Dio.
Io nata per screditare le donne, tu per magnificarle. Io l'esempio da bandire, tu quello da seguire. Entrambe abbiamo unito due regni, io in un'infernale girone di peccati sovrapposti, tu nel paradiso del merito e della pietà. Su te non poté neppure Eugenia, che sapeva di seduzione, ma non di santità, anche se fu una gran madre, cosa che io, per il mio povero Giorgio, non fui. Noi prive poi di figlio e di grazia, tu grandiosa nel nome del Signore, di quello stesso che io non volevo partecipasse al mio funerale. Non onori, non cerimonie,soltanto oggetti. Affettuosi oggetti simbolo dell'amore che portai soprattutto per me, finché fui innamorata di me. Di me bionda e Costantino mi consigliò di diventarlo ancor di più, per entrare nelle grazie di Napoleone. Il resto fu di mia ideazione: gli anelli alle dita dei piedi, come il cuore di panno cucito sull'abito all'altezza del pube,il mio vestito da Italia ( io, fui l'immagine della mia Terra!) al Ministero della Marina come la calzamaglia guarnita di piume di cigno rappresentando Beatrice dantesca. Io bella tra le belle? Non solo, ben lo sapeva, il cugino Camillo. Io creativa, io affascinante, io divina. Quando lo spirito divino m'abbandonò ( Venere e Minerva, in me), semplicemente non ero più degna dell'Olimpo.
Sapeva che conoscevo ben cinque lingue a menadito,che avevo maniere regali, buona conversazione, un corpo giovane ma non era tale la mia ingenuità.
Della mia bellezza, c'era da fare non più che la confezione di un prezioso oggetto: il mio carisma. Spietata? Sì, con me stessa. Amai registrare, con la fotografia ,ogni fase della mia vita, incluso il decadimento fisico, che le prose a me dedicate enfatizzano, ma come si può pensare che, a 60 anni, un corpo sia totalmente sfatto? Più di un Duca sarebbe ancora morto per me, specie se giovane, per rendermi trofeo d'amore.
Uno è un'anima che langue e ancora m'insegue, per queste lande senza tempo. Sospira.
Virginia mia adorata
bianca di latte
d'oro il crine
Virginia mia bella
sangue mio caldo
lacrima di stella
Virginia assolata
terra d'Italia
sul piano addormentata
Virginia cuore di mare
e piangere e salare
per un rifiuto tuo la vita
e languire finché non sia
finita.
Ne morì, ne morì lentamente e mi sopravvisse ben poco. Povero Duca, pallido spasimante dagli occhi fondi e scarso coraggio. Povera anima, desiderosa di riscatto da una vita grigia, assai poco seduttiva. Che desiderio, passeggiare, con la Comtesse al suo fianco!
Non lo volli.
Come lui, troppi uomini che, a letto, avrebbero goduto la mia imperfezione e non sarebbero stati amanti ammirati e succubi di una bellezza potente, che condiziona azioni e pensiero.
Accettare l'amore del Duca? Il suo appoggio economico? Finire i miei giorni al braccio di un illuso? No, io sono io e me ne vanto. Non valeva due righe sul Journal.

2 commenti:

  1. gli uomini con le donne hanno sempre scarso coraggio. O quasi sempre.

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    1. Spesso ce l'hanno all'esordio e poi nell'epilogo. In mezzo: la convinzione che ciò che è conquistato sia per sempre.

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