giovedì 16 agosto 2012

Acqua azzurra


Acqua azzurra

Ferragosto.
Non c’è in giro nessuno.
Oddio, proprio nessuno, no, con questa crisi.
S’incontrano visi noti, in treno.
Ci si muove per diporto magari in zona. Si sfrutta la bellezza dei luoghi che si conoscono. Ansa del fiume non lontano da casa, dove ancora si possa fare il bagno. Villaggio di tre casupole ma con il ristorantino tipico. Spiaggia di mare nei dintorni, sabbia solita. Bosco in collina con radura. Vallata per il picnic. Ci si muove in direzione di una gelateria, una pizzeria, basta poco. Ci si accontenta.
Per l’occasione ho scelto il lago.
Soleggiato, fresco, azzurro.
Vedere le sponde dall’altra parte è rassicurante e scorgere l’isola e la rocca, una sorta di sogno possibile. Il fascino della fiaba. Chi vivrà in quella rocca sulla roccia? Molto verde, d’intorno.
Basta un po’ di foschia tuttavia e il verde si confonde con l’azzurro e ti senti miope, tutta questa certezza ( lago, sponde, confini, rive) non c’è più. Il lago sembra latte, la rocca uno spuntone sospeso nel nulla.
Oggi è una bella giornata tersa.
C’era un sole tale da rendere il fiorito lido lacustre una pacchia. Un mare bonsai, per amatori ma con un vago sentore di montagna.
Tutto dipinto di oleandri.
Il treno tocca ogni più piccolo borgo e i viaggiatori sono pochi. La maggioranza preferisce l’automobile. Qualcuno la corriera. Molti vanno su e giù per il lago in battello. Sul treno, in pratica, con borsa e zaino, ci sono soltanto io. Bene, mi godo il panorama dal finestrino, mi leggo un libro. Mi gusto la lentezza delle tante fermate.
Sale una ragazza in shorts e scarpette allacciate. Ha una canotta, uno zainetto nero. Porta una lunga treccia nera di lato. Mi si siede di fronte. E’ alta, di coscia molto lunga, un viso ovale, non bellissimo ma regolare, dai contorni puri. Vacanziera del lido, anche lei.
Ha la treccia bagnata.
Con i capelli così lunghi, il tempo di lasciarli asciugare non basta mai.
Anche con il sole di oggi. Duro.
Treccia bagnata, ma devo dire anche le scarpe, ha infangato un bel po’, salendo. I calzoncini sono zuppi. Cola l’acqua sul sedile dove ha posato lo zainetto nero.
Cara ragazza, sei esagerata, penso. Questa è mancanza di riguardo.
La canotta ha netto il segno del sudore. Tanto sudore.
Il viso è asciutto, anche le braccia. Si sono asciugate qui, alla brezza tiepida dei finestrini.
Mi guardi, sorridi. Hai le occhiaie e un colorito olivastro che mi fa pensare che quell’abbronzatura che sfoggi sia di lampada, perché non hai affatto una bella cera.
Metti una mano nello zaino, tiri fuori una bustina portadocumenti. Sì, bella mia, ma stai attenta. Dallo zaino saranno usciti due litri d’acqua! Sorridi, ti scusi, m’allunghi la busta.
“ Sono Lara Bottino, sono annegata oggi. Domani si parlerà di me. Porti questo a mia madre, Varallo Pombia. Fulvio mi ha spinta. Non è stato un incidente. Un litigio. E’ manesco, Fulvio. Eravamo sul sasun, noi due soli. Una cupola di roccia, nulla di più. Ci siamo saliti. Mi ha spinta di sotto. E’ geloso del Giacomo, ma l’ho soltanto baciato. Lo dica a mia madre: soltanto baciato”.
Mentre mi parli, giù acqua dalla bocca.
Mi riversi addosso tanta di quell’acqua che mi difendo con le mani.
Il treno ha uno scossone.
Sono sveglia.
Asciutta.
Il treno culla, sul treno si dorme volentieri. Peccato questa busta di pelle bagnata, in mano.


5 commenti:

  1. bella narrazione
    sommessa all'inizio, colorata, realistica,
    e poi la sosprendente, misteriosa chiusa.
    piaciuto molto.

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  2. e poi, la sorprendente misteriosa chiusa.Game over, è la vita.

    Grazie, Cristina!

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  3. Notare: l'ho scritto nella notte, dopo due sigarette nella frescura del balcone e una mezza giornata di mare.Quando l'ho riletto, mi faceva paura anche la foto.Poi mi son detta: l'hai scritto tu, cretina!

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  4. che la duplicità ci sia sempre mistero.
    chissà che i mondi paralleli...

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