domenica 7 ottobre 2012

Fondazione Accorsi - Ometto


E' in un sabato autunnale con un sole splendido, che nella mia città si preannuncia con la nebbia, anima vaporosa che si squarcia per far posto al bello, che invece riparto per Torino con una meta insolita: una casa museo. Sono poche, in Italia, ma trattasi di collezioni prestigiose aperte al pubblico per stupire, inondare gli occhi di gusto e di lusso. Quella che la Signorina vuol raggiungere è in Via Po.E' anche la giornata di Portici di carta, un'emanazione del Salone del libro. Torino è invasa dai libri, vissuta dai bouquinistes, ancor più del solito.Le singolari bancarelle coperte che arredano Via Po e danno quel colore un po' francese alla città da sole già rallegrano lo spirito, di solito. Per pochi soldi piovono perle, molte introvabili, altre quasi nuove ma  a buon prezzo.

Scendo dal treno, giro un po' per la nuovissima e vivace stazione, che per nulla assomiglia a quella che m'accoglieva diciottenne... e mi perdo. Ficco il naso nelle vetrine, guardo i cagnetti dei mendicanti, butto l'occhio sulle bancarelle. Tutto mi pare prezioso. Libri, libri, libri per tutta Via Roma.
Imbocco Via Po, mi riprometto un bicerin, questa volta e in centro,sto andando dritta alla meta ma mi rapisce Piazza Carignano, poi più tardi m'infilo in Galleria, mi trovo davanti alla lapide in memoria di Cesare Battisti ( quello buono, non quello scappato a Rio...).Punto Baratti, caffetteria elegantissima. Entrerò, quello charme mi si addice, mi dico.

La Signorina è a corto di soldi ma ragiona in grande stile e non quello da parvenu, dentro è un po' Contessa, lo si sa.E si vede.







Con deviazioni e riflessioni, giungo alla meta. Un vecchio portone di Via Po davanti al quale sarò passata, ignara, dozzine di volte, negli Anni Settanta, ma a quei tempi, il Sig. Pietro Accorsi viveva a Villa Paola e il ben di Dio di Palazzo Accorsi non era ancora aperto al pubblico. Lo è dal 1999.
Si entra, bello ma non particolarmente sfarzoso, v'è la mostra del Cignaroli, gran pittore di corte, inoltre, al primo piano.Scopro poi che i Cignaroli erano due e ben decisi a far figurare la realtà nei loro dipinti di caccia e celebrazione dei Savoia (ambiziosissimi).



Nel cortile, una corpulenta Venere m'accoglie. Farebbe scandalizzare gli esteti odierni, con le sue spalle tonde  e le sue gambe forti.

In questo palazzo lavorò il Fontanesi, pare...

Si sale, s'ammira un soffitto che è un cielo solcato da rondini e s'inizia un viaggio nel lusso. Un incredibile sontuoso, ridondante, scintillante percorso nella ricchezza privata, quella vera, che Accorsi procurò per una vita per sé e per gli altri.

Già stupisce l'esordio.
Nasce a Torino, proprio in quel Palazzo, ma è figlio del portiere. Lo chiamavano "il portierino", per l'esattezza. Ha un gusto innato, ottiene un prestito ( ingente) e comincia a mercanteggiare nell'antiquariato. Ecco, io comincio a fantasticare.A che titolo? Il Palazzo era dei Savoia, in origine. Tra gli amici e i clienti, i Savoia ritornano. E non solo. Mi sorge il dubbio che non sia stato il figlio del portiere, in realtà o che un intreccio di storie ancillari celi qualche verità molto meno nobile di arredi e suppellettili, ma ciò che conta è che affittò il Palazzo, in seguito lo comprò, infine volle che il contenuto fosse della città. Una vita spesa per un'apoteosi che sottolinea una grandeur. Non per nulla i Francesi lo soprannominarono l'Empereur tra gli antiquari.

Si comincia tra servizi di baccarat e bronzo dorato, si continua con gli argenti e le porcellane. Una magnificenza regale. Un tesoro da monarca. Spiccano le tazze da puerpera, con il beccuccio. Con quelle le ricche dame si nutrivano dopo la fatica del parto, per avere dato all'illustre e abbiente marito un figlio maschio, ché le donne, a qualsiasi classe appartengano, devono essere begli oggetti oppure utili alla riproduzione.
La Signorina l'ha scampata bella.
Tra le maglie degli obblighi è scivolata fino a specchiarsi nel fondo di quelle ricche vetrine, ma il bello deve ancora venire, saranno le camere, gli arredi, i mobili, le tappezzerie a sconvolgere la sua serena povertà.Entrando in Casa Accorsi si chiede se, tra cent'anni e forse più, qualcuno non visiterà allo stesso modo casa Berlusconi, casa Briatore...in fondo sempre si tratta di self made man.

Dopo la cucina ( colpisce un tavolo del Cinquecento, un fratino ricavato da un enorme tronco, in un sol pezzo), piena di rame, iniziano a concatenarsi stanze su stanze, in crescendo, insistendo sul Settecento, affondando nel Barocco e nel Rococò, perché l'aristocrazia che piace ad Accorsi è quella esagerata sulla via del tramonto. Ogni civiltà alla sua morte alza la posta, deraglia nel lusso più sfrenato,offende la miseria, si autoesalta, poi fa la muta. Apparentemente muore.In sostanza invece...ha cambiato pelle.
La Restaurazione è tuttavia la fine di ogni Rivoluzione tranne in un caso: quando arriva l'invasore, un barbaro e spazza via le ceneri delle origini.Maciulla quel che resta di una civiltà.

Testimonia il fatto il mobile più bello del mondo: il Piffetti doppio corpo, realizzato su superfici curve, completamente istoriato a china su inserti d'avorio,madreperla, arricchito di tartaruga, in cui si racconta attraverso incisioni la storia dell'amore tra Alessandro e Rossana e non solo. L'eterno binomio maschile/femminile, sole/luna, luce ed ombra. Non mancano gli ori, il putto alato...
Realizzato per un matrimonio patrizio, si spostò da Venaria a Genova, per poi essere ricomprato in via definitiva da Accorsi, che mai più lo cedette.


La Signorina non dice altro.
Sui tomi di storia dell'arte decorativa ( che oggi diremmo design) c'è di tutto  e di più.La Signorina afferma che lo sfarzo è un lavoro costante.Che a una casa come questa occorre esser dediti come uno schiavo della bellezza.E' soffocante.
Preferisce un Piffetti già rassegnato al declino, a fine Settecento tornerà la sobrietà ( un tempo arriva e uno va) e il Luigi XVI riporterà a una misura più anonima ma respirabile e vi si adegua.
Casa Accorsi congeda la signorina nel...boudoir di Dior, ricostruito qui, con particolari specchi color bronzo, che ospita un Piffetti perfetto, con motivi geometrici e simmetrie inusuali, in cui il nostro inserisce un trompe l'oeil. Un coltellino, un paio di lunettes...



Esce con un mondo di maioliche, porcellane, argenti, sete, arazzi,nella testa. Capisce che da che mondo è mondo, il più bravo viene messo da parte da un altro che lo è altrettanto, ma fa i prezzi migliori ( è il caso del Rossetti da Lodi) e che il più bel servizio di piatti e non solo,un Frankental in più di un  centinaio di pezzi, decorato color sangue di bue,mischiando rosso e oro zecchino,è stato regalato a un Cardinale.

Accorsi fu amico di Einaudi e consulente per l'arredamento del Quirinale.

Al Quirinale c'è una splendida biblioteca del Piffetti, che piaceva alla Regina Margherita, infatti era stato progettato per Villa (torinese) della Regina, ma Umberto I se lo portò a Roma.

Accorsi ebbe il suo bel da dire anche con Mussolini.S'era comprato la collezione Trivulzio  e voleva portarsela  a Torino.S'accordarono in un compromesso.Milano non s'impoverì.

Grazie ad Accorsi il ritratto d'uomo di Antonello da Messina è a Palazzo Madama.




Le vie della ricchezza sono infinite, la bellezza circola sempre nelle stesse forme su e giù per il pianeta e s'acquista, sia quella che decade e muore, come quella muliebre, sia quella meno caduca delle belle cose.

E tutto terminò con un bicerin da Baratti.

Caffè, cioccolata, fior di latte.



Un acquisto in Via Po. "Lo zoo di vetro" di Tennessee Williams. Sarà che la Signorina s'è sentita zoppa e  nel contempo sentimentale.

Uscendo da Baratti tuttavia si sentiva una Madamin Savoiarda e non una Repubblicana Alessandrina.La classe di Torino non è acqua, chi già ci pende, s'infarina, visto che non vi si può bagnare.

La Signorina è convinta che Guido Gozzano la stia guardando.Compiaciuto.E' un bel vedere soddisfatto.





Nessun commento:

Posta un commento