giovedì 25 ottobre 2012

Storie di gente a pezzi.

E' uscito un nuovo Quaderno Indaco Delmiglio, un appuntamento legato al mistero, al paranormale, alla riflessione parallela, allo sgomento, la paura e persino alla tenerezza del ricordo, che si sposa alla crudeltà della realtà. 

Sono presente in quasi tutte le pubblicazioni.

" Melissa e dintorni"

" Trame fantastiche"

" Spose, cadaveri e misteri"

" Il gioiello di Chrono"

...ed ora ""Storie di gente a pezzi"

E' il settimo quaderno, l'oggetto è l'uomo ricostruito, dal Golem al cyborg.


Il doppio dunque, fonte di inquietudine, di perversione, di amore e/o affettività, è destinato a seguire un percorso accidentato ma pur sempre diretto verso una forma di accettazione: digerito prima dai media e rivomitato poi sull’audience sotto forma di stereotipo e motivo ricorrente, finisce per entrare nell’immaginario comune, per popolare le pubblicità, i sogni erotici o i negozi di giocattoli o costumi di Halloween. Così come Pinocchio finisce per trasformarsi in bambino, alla stessa maniera l’uomo artificiale ha finito per tramutarsi quasi in un “beniamino” della tradizione".

L'antologia si articola in sezioni:

Pezzi scientificamente composti
Orribili frammenti
Scampoli irriverenti
Brani tra mito e storia
Schegge noir

Ogni storia è preceduta da un’illustrazione ad opera di artisti del gruppo Cyrano Comics.

Gli autori: Alexia Bianchini, Enrico Gregori, Arnaldo Liberati, Angelo Marenzana,Elisa Podestà, Vittorio Rioda,Nicola Ruffo,Danilo Arona, Rossana Boni,Enrico Nebbioso Martini,Marina Trevisan, Nicola Brusco,Federico Fuggini,Enrico Linaria, Roberto Bonadimani,Giuliana Borghesani, Simona Cremonini,Irene Incarico,Filippo Tapparelli, Luca Ducceschi,Maria Silvia Avanzato, Emanuele Cassani, Enzo Macrì, Rosanna Mutinelli,Paola Rambaldi.

Presentazione ufficiale il 31 ottobre, presso la Libreria Feltrinelli di Verona, alle 18.00.

Letture a cura di Stefano Paiusco, musiche di Federico Fuggini.

Sfilata di gente a pezzi a cura di Sonia Creazioni.

Agghiacciante aperitivo a tema  ( a seguire, cena di Halloween).

L'incipit del mio racconto.

"Non si può morire dentro"


Sono restata e sono morta. Come ho fatto, non so.

Me ne sono accorta quasi per caso. Stai in apnea un bel po’, per gioco, con tua figlia, ma non giunge alcun sintomo di soffocamento a farti spalancare le fauci, tirar su con il naso a bocca aperta, aprire di corsa la finestra, tossire cianotica e urlare: “Aiuto, muoio!”
Non successe. Decisi di non respirare a lungo e poi cominciai a far roteare gli occhi. Di qua, di là, su, giù. Nulla. Il colorito restava roseo, leggermente ambrato da un tocco di fard e non s’impadroniva di me alcuna fame d’aria. Una cosa era sicura, i bronchi e i polmoni erano morti. Il cuore tuttavia batteva con un ritmo regolare. Troppo regolare. Aveva un andamento quasi musicale, rullava in petto come un tamburo ma con una tonalità lieve, bassa, come ad una perenne esibizione nel suo momento clou. Se fossi stata coraggiosa, mi sarei ficcata un dito in un occhio, mi sarei punta un polpastrello, avrei ingoiato del veleno, per verificare ulteriormente se fossi viva e reattiva. Mi limitai a ingurgitare sale, tanto sale.
“Vomiterò, lo so”, mi dissi, bere acqua salata è consigliato dal centro antiveleni per indurre al vomito ed eliminare così gli elementi tossici dallo stomaco, prima che raggiungano tutto l’organismo.
Invece non vomitai affatto. Avrei potuto mangiare sale a manciate, al massimo avrei avvertito un sapore non propriamente gradevole. Probabilmente, inoltre, era tardi. Se già non respiravo più, l’avvelenamento era un dato certo. Tuttavia così, senza un sintomo, una reazione abnorme ed evidente…Si schiuma dalla bocca, dicono! O no?
Rimasi impassibile, tranquilla.
Non c’era dubbio, ero morta, ma non me n’ero accorta e con me nessun altro.
Chissà da quanto tempo, poi! Anche il desiderio di fuga, vacanza, di “altrove”, era svanito.
In molti si erano limitati a dirmi che il mio aspetto non era mai stato così attraente. Non mi avevano mai vista così snella, soda, abbronzata, da qualche anno in qua. Graziosa e sempre in tiro.
Ringiovanita.
Mi guardai per bene allo specchio: non c’era ombra di rughe, se non delle prime, appena accennate, sulla fronte. Il collo era ben disteso, la sua pelle per nulla vizza. I capelli erano lucidi e vaporosi.
La bocca era più turgida del solito, pur senza aver perduto la sua linea naturale.
Insomma: ero morta, mica di plastica!
Non avevo perso un solo giorno di lavoro, in casa tutto era perfetto, la vita sociale e affettiva non era mutata. A ben pensarci, non avevo più litigato né con mia madre né con mia suocera. Avevo sopportato pazientemente che Martina e Diego si picchiassero o si strappassero di mano giochi e merende e gettassero le loro cose qui e là. Non avevo più scostato a letto Alberto, rifiutandolo, come se il mal di testa mi fosse passato totalmente. La cefalea che mi aveva portato in pellegrinaggio tra i medici specialisti della zona, era scomparsa.
Alberto.
Cercai di individuare anche in lui i segni della mia stessa vitalità artificiale.
Nessuno.
Alberto aveva perso ancora capelli, il ventre era più prominente, s’abbioccava regolarmente davanti alla televisione, non digeriva i peperoni, perdeva le staffe al volante, soffriva d’insonnia, si lamentava delle tasse. Tutto regolare.
Alberto era invecchiato, diventando più flaccido, impaziente, sonnolento, smemorato, malfunzionante (continua...sull'antologia) 

























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