giovedì 5 luglio 2012

Ci si vede

Si è concluso il Concorso Caccia all'autore. Il mio racconto non ha vinto, ma ve lo propongo qui.


Ci si vede

Don Claudio in cuor suo ringraziava che la chiesa fosse un luogo fresco. Faceva un caldo di quelli appiccicosi, senza un filo di vento a rinfrescare e tutti aspettavano la sera, per respirare. In chiesa si stava meglio, ma l’abbigliamento che indossava, consono alla celebrazione di un funerale, lo faceva sudare, specie sul collo, attorno al quale passava due dita, nervosamente, ad allentare un po’ la morsa del dignitoso e rispettoso stato, inappuntabile e degno del morto.
L’ambiente era discretamente affollato, Franco Pizzini era un uomo conosciuto e stimato.
In prima fila c’erano la moglie in nero e con il filo di perle scaramazze, le due figlie e il figlio, poi la sorella con il marito.
Dietro, tutti gli altri.
Parenti e amici.
Colleghi.
Conoscenti.
Curiosi.
Tutti avevano un atteggiamento di circostanza, qualcuno era visibilmente commosso, erano presenti anche persone alle quali era scesa qualche lacrima durante l’ingresso del feretro in chiesa e ascoltando le parole di commiato di Don Claudio, misurate e mai fuori luogo. Sagge.
La gente era coperta più del solito estivo, non si va a un funerale in abiti vistosamente corti o sbracciati o senza uno straccio di giacca, se uomini. Ciò appesantiva la situazione ed erano nervosi anche gli addetti alle pompe funebri, in nero e incravattati.
Molte donne erano con il capo coperto, cosa poco sopportabile, con la calura, nonostante la frescura della chiesa.
-        Nostro fratello Franco ci ha preceduti nella Casa del Signore. Là è stato accolto come un figlio che torna, dopo aver vissuto e lottato in questo fragile mondo come chi abbia a cuore la giustizia e di Franco ricorderemo come abbia svolto con impegno civile e calda e amorevole umanità la sua professione d’avvocato. Ciò gli ha reso la stima imperitura degli uomini, l’amore e il sostegno della famiglia, l’onore nel Regno dei Cieli.
Dalla prima fila giunge un sospirone, era la vedova.
-        Il nostro caro Franco ora siede tra le anime chiare, tra gli uomini in pace con se stessi e il creato, tra i benefattori della nostra città, perché ha dato a larghe mani molto di ciò che ha ricevuto. Sempre vicino ai poveri, agli oppressi, ai sofferenti, magnanimo con i peccatori. Buono. Ecco ciò che potremmo, in sintesi, dire di Franco, l’avvocato Pizzini, ci lascia un uomo buono e un uomo profondamente buono è un uomo grande. Un uomo che ha meritato l’amore della famiglia, la riconoscenza della città, il rispetto degli avversari.
Dalla seconda fila ecco levarsi un brusio.
Consensi più che altro.
Il caldo è opprimente, Don Claudio cerca di scacciare dalla mente l’immagine di una bibita gasata e rinfrescante, anche se è un peccatuccio passabile. La platea scalpita, bisogna tirar le fila, giungere a una conclusione.
La bara è coperta di freschissimi fiori in svariate tonalità di rosso. Rosso vivo, purpureo, violaceo, spento, aranciato, cupo.
Da quel rosso pare levarsi un motivetto.
Imbarazzante, è proprio una canzoncina.

Whether you're a brother 
Or whether you're a mother, 
You're stayin' alive stayin' alive. 
Feel the city breakin' 
And everybody shakin' 
And we're stayin' alive stayin' alive. 
Ah, ha, ha, ha, 
Stayin' alive 
Stayin' alive 
Ah, ha, ha, ha, 
Stayin' alive.

Don Claudio non realizza nell’immediatezza. Cala un silenzio di tomba.
I presenti si guardano in viso l’un con l’altro.
Nel silenzio inusuale, anche se in chiesa, si risente:

Whether you're a brother 
Or whether you're a mother, 
You're stayin' alive stayin' alive. 
Feel the city breakin' 
And everybody shakin' 
And we're stayin' alive stayin' alive. 
Ah, ha, ha, ha, 
Stayin' alive 
Stayin' alive 
Ah, ha, ha, ha, 
Stayin' alive.

Proviene dalla bara, non c’è dubbio, ma come può esserci un cellulare nella bara?
La vedova è allibita, fruga in borsa, il telefonino del marito, il suo Nokia nero e indistruttibile, c’è.

A ognuno viene il dubbio di aver perso il cellulare nell’attimo del saluto alla salma.
La figlia cerca il suo Iphon in borsetta, non lo trova, panico.
Don Claudio si tocca la tasca dei pantaloni che indossa sotto i paramenti, il suo c’è.
Le prime due file frugano tutte. Chi nella pochette, chi nella sacca, chi nella borsetta, chi in tasca. Si sente un rumore che pare un cane che raspa, un gatto che insabbia nella lettiera.
La figlia trova infine il suo bellissimo telefonino, con un mondo di numeri. Tutti coloro i quali stanano il cellulare, fanno larghi sorrisi. Si abbracciano, sospirano.
Dal feretro si levano ancora suoni, la suoneria o anche un altro suono breve e ripetuto,una sorta di… uariuariuari-à.
Una volta.
Due volte.
Tre volte.
Si fa avanti una domestica di colore.
Dice, sommessamente:
-        Non ho tolto di tasca all’avvocato l’altro cellulare, il telefonino che mi diceva sempre di levare di tasca se se ne fosse scordato, così che l’avevo tolto e infilato di fretta nel vestito blu, nell’armadio guardaroba.

E nel vestito blu, Pizzini, è sepolto.

Per volere della vedova, la bara si riapre.

Sul cellulare, 3 sms:

“perché non rispondi al telefono, prosciuttino?”
“ci si vede su Skype? Ho gli slippini con i cuoricini”
“cattivo, non rispondi…da oggi per me sei morto”.


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