Ci si vede
Don Claudio in cuor suo ringraziava che la chiesa fosse un
luogo fresco. Faceva un caldo di quelli appiccicosi, senza un filo di vento a
rinfrescare e tutti aspettavano la sera, per respirare. In chiesa si stava meglio,
ma l’abbigliamento che indossava, consono alla celebrazione di un funerale, lo
faceva sudare, specie sul collo, attorno al quale passava due dita,
nervosamente, ad allentare un po’ la morsa del dignitoso e rispettoso stato,
inappuntabile e degno del morto.
L’ambiente era discretamente affollato, Franco Pizzini era
un uomo conosciuto e stimato.
In prima fila c’erano la moglie in nero e con il filo di
perle scaramazze, le due figlie e il figlio, poi la sorella con il marito.
Dietro, tutti gli altri.
Parenti e amici.
Colleghi.
Conoscenti.
Curiosi.
Tutti avevano un atteggiamento di circostanza, qualcuno
era visibilmente commosso, erano presenti anche persone alle quali era scesa
qualche lacrima durante l’ingresso del feretro in chiesa e ascoltando le parole
di commiato di Don Claudio, misurate e mai fuori luogo. Sagge.
La gente era coperta più del solito estivo, non si va a un
funerale in abiti vistosamente corti o sbracciati o senza uno straccio di
giacca, se uomini. Ciò appesantiva la situazione ed erano nervosi anche gli
addetti alle pompe funebri, in nero e incravattati.
Molte donne erano con il capo coperto, cosa poco
sopportabile, con la calura, nonostante la frescura della chiesa.
-
Nostro
fratello Franco ci ha preceduti nella Casa del Signore. Là è stato accolto come
un figlio che torna, dopo aver vissuto e lottato in questo fragile mondo come
chi abbia a cuore la giustizia e di Franco ricorderemo come abbia svolto con
impegno civile e calda e amorevole umanità la sua professione d’avvocato. Ciò
gli ha reso la stima imperitura degli uomini, l’amore e il sostegno della
famiglia, l’onore nel Regno dei Cieli.
Dalla prima fila giunge un sospirone, era la vedova.
-
Il
nostro caro Franco ora siede tra le anime chiare, tra gli uomini in pace con se
stessi e il creato, tra i benefattori della nostra città, perché ha dato a
larghe mani molto di ciò che ha ricevuto. Sempre vicino ai poveri, agli
oppressi, ai sofferenti, magnanimo con i peccatori. Buono. Ecco ciò che
potremmo, in sintesi, dire di Franco, l’avvocato Pizzini, ci lascia un uomo
buono e un uomo profondamente buono è un uomo grande. Un uomo che ha meritato
l’amore della famiglia, la riconoscenza della città, il rispetto degli
avversari.
Dalla seconda fila ecco levarsi un brusio.
Consensi più che altro.
Il caldo è opprimente, Don Claudio cerca di scacciare
dalla mente l’immagine di una bibita gasata e rinfrescante, anche se è un
peccatuccio passabile. La platea scalpita, bisogna tirar le fila, giungere a
una conclusione.
La bara è coperta di freschissimi fiori in svariate
tonalità di rosso. Rosso vivo, purpureo, violaceo, spento, aranciato, cupo.
Da quel rosso pare levarsi un motivetto.
Imbarazzante, è proprio una canzoncina.
Whether you're a
brother
Or whether you're a mother,
You're stayin' alive stayin' alive.
Feel the city breakin'
And everybody shakin'
And we're stayin' alive stayin' alive.
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive
Stayin' alive
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive.
Or whether you're a mother,
You're stayin' alive stayin' alive.
Feel the city breakin'
And everybody shakin'
And we're stayin' alive stayin' alive.
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive
Stayin' alive
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive.
Don
Claudio non realizza nell’immediatezza. Cala un silenzio di tomba.
I
presenti si guardano in viso l’un con l’altro.
Nel
silenzio inusuale, anche se in chiesa, si risente:
Whether you're a
brother
Or whether you're a mother,
You're stayin' alive stayin' alive.
Feel the city breakin'
And everybody shakin'
And we're stayin' alive stayin' alive.
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive
Stayin' alive
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive.
Or whether you're a mother,
You're stayin' alive stayin' alive.
Feel the city breakin'
And everybody shakin'
And we're stayin' alive stayin' alive.
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive
Stayin' alive
Ah, ha, ha, ha,
Stayin' alive.
Proviene
dalla bara, non c’è dubbio, ma come può esserci un cellulare nella bara?
La
vedova è allibita, fruga in borsa, il telefonino del marito, il suo Nokia nero
e indistruttibile, c’è.
A
ognuno viene il dubbio di aver perso il cellulare nell’attimo del saluto alla
salma.
La
figlia cerca il suo Iphon in borsetta, non lo trova, panico.
Don
Claudio si tocca la tasca dei pantaloni che indossa sotto i paramenti, il suo
c’è.
Le
prime due file frugano tutte. Chi nella pochette, chi nella sacca, chi nella
borsetta, chi in tasca. Si sente un rumore che pare un cane che raspa, un gatto
che insabbia nella lettiera.
La
figlia trova infine il suo bellissimo telefonino, con un mondo di numeri. Tutti
coloro i quali stanano il cellulare, fanno larghi sorrisi. Si abbracciano,
sospirano.
Dal
feretro si levano ancora suoni, la suoneria o anche un altro suono breve e
ripetuto,una sorta di… uariuariuari-à.
Una
volta.
Due
volte.
Tre
volte.
Si
fa avanti una domestica di colore.
Dice,
sommessamente:
-
Non ho tolto di tasca
all’avvocato l’altro cellulare, il telefonino che mi diceva sempre di levare di
tasca se se ne fosse scordato, così che l’avevo tolto e infilato di fretta nel
vestito blu, nell’armadio guardaroba.
E
nel vestito blu, Pizzini, è sepolto.
Per
volere della vedova, la bara si riapre.
Sul
cellulare, 3 sms:
“perché
non rispondi al telefono, prosciuttino?”
“ci
si vede su Skype? Ho gli slippini con i cuoricini”
“cattivo,
non rispondi…da oggi per me sei morto”.
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