domenica 9 settembre 2012

Mutanti

Mi sento come se fossi stata anni in coma e, uscendo finalmente incontro al mondo, l'avessi trovato pieno di spaventosi e incomprensibili mutanti,ma ne fossi accorta dopo molte puntate, come in una riedizione de i Visitors. Dopo aver notato stranezze di vario genere, interagito con pazienza e fiducia, lottando su più fronti per far quadrare il cerchio,sperando in belle cose rotonde, mi fossi accorta, entrando in cucina all'improvviso, per mescolare lo spezzatino,che il mio ospite stava ingoiandosi un enorme ratto e che la stessa cosa stavano facendo in molti.Io resto lì con il cucchiaio a mezz'aria a vantarmi della bontà della  carne, delle stoviglie, della tovaglia buona e quelli, tutti, mi ridono in faccia, perché il mio positivismo è desueto.
Faccio presente che sono pessimista, di natura, che già m'ero sbilanciata anche troppo, ma quelli mi si agitano davanti come le streghe di Macbeth, recitando: il bello è brutto, il brutto è bello.
Tutto ciò che ho fatto del mio meglio per tornare a ricamare la vita ne ha fatto uno straccio per pulire i pavimenti.
Tornare in coma, no. Quando sei sveglio, menomale...ma cambiare volto alla parola è opportuno. In tempi aperti, di apertura, di accettazione, costruttivi, la parola è l'ornamento dei gesti, del corpo,lo spartito della voce.In tempi di assoluto sgomento, in cui non ti sai spiegare come tutto ciò che credevi fosse bello e buono è totalmente vanificato nella sostanza e persino nel ricordo, smontato in ogni sua bellezza, per fare emergere soltanto immagini spiacevoli, piuttosto che recitare in un film di Romero, è meglio riportare la parola alla dimensione intellettuale, mentale, scritta. Svincolarla dalla fisicità tutta e ritirarsi dalla scena.
Se persino guardare foto di bei momenti di vacanza ti trasformano in una statua di sale e la cosa ti è incomprensibile, perché non ti pare assolutamente normale è perché normale non è, allora si perde l'uso della parola.Si perde l'uso del corpo. Lo si preserva per situazioni di serenità e sicurezza.Alcune banali, altre meno. Certe necessarie, altre spero...ludiche ma il terrore di vedere ingoiare, davanti a te, un altro ratto, svilendo una realtà, non si può ripetere.
E' grande.
Si sta lontani dal pericolo.
Qualcosa di mostruoso, in questi anni, dev'essere successo.
Qualcosa che ha cambiato i parametri, i valori della felicità.
Ha modificato i limiti del rispetto.
Ha confuso il libero arbitrio con la villania.
Ha pensato che le vittime possano essere felici se in posa per i carnefici.
Ha annullato conquiste del passato.
Ha annichilito il femminismo degli Anni Settanta per creare donne libere, sì...ma di essere oggetti.Oggetti di cui non avere alcuna responsabilità, nessuna cura e aderenti a stereotipi da barzelletta.
Ha omologato gli argomenti di discussione, piallato i desideri, uniformato a modalità di massa la realtà, fino a  renderla totalmente priva di sentimento e persino di bon ton, di quel minimo di distacco che un tempo faceva sì che un certo pudore impedisse la sfacciataggine di pretendere dagli altri una disponibilità gratuita anche al martirio.
Tutto, in un appiattimento del pensiero che fa sì che ogni donna sia una sorta di casalinga di Voghera del giorno d'oggi, che si nutre di gossip di un Paese clownesco, in cui se non assomigli a una battona sei perduta.
Curare mente e aspetto, non basta più.Devi essere parte di una follia collettiva.
Ti ritrai sbalordita.Quest'umanità è un insulto alla vita, non riconosce neppure la felicità.Non se la merita. 






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